Le economie asiatiche in via di sviluppo stanno mostrando segni di ripresa talmente tangibili che, per la prima volta in più di tre decenni, il resto dell’Asia in via di sviluppo crescerà più velocemente della Cina – dichiara l’Asian Development Bank (ADB) nel suo ultimo outlook.
L’ultima volta che si è verificata una simile situazione è stata nel 1990, quando la crescita della Cina è rallentata al 3,9%, mentre il PIL del resto della regione è cresciuto del 6,9%. L’ADB prevede ora che l’Asia in via di sviluppo – esclusa la Cina – crescerà del 5,3% nel 2022, mentre la Cina si fermerà al + 3,3% nello stesso anno.
Il motivo di questo rallentamento, precisa la ADB, è che la gestione rigorosa del Covid, con le continue e niente chiusure per debellare sporadici focolai, avrebbe determinato una significativa contrazione delle attività produttive.
Peraltro, entrambi i dati statistici rappresentano un ulteriore passo indietro: a luglio, ad esempio, la Banca aveva già ridotto le previsioni di crescita per la Cina al 4% dal 5%. L’ADB ha inoltre abbassato le previsioni di crescita economica della Cina per il 2023 al 4,5% rispetto al 4,8% di aprile, a causa del “deterioramento della domanda esterna che continua a frenare gli investimenti nel settore manifatturiero”.
Inoltre, sebbene la regione stia mostrando segni di ripresa grazie al rilancio del turismo, i venti contrari globali stanno rallentando la crescita complessiva. Per la mmacroregione l’ADB prevede ora che le economie asiatiche emergenti crescano del 4,3% nel 2022 e del 4,9% nel 2023 – una previsione ridimensionata rispetto alle previsioni riviste di luglio, rispettivamente del 4,6% e del 5,2%, secondo l’ultimo rapporto sulle prospettive pubblicato mercoledì.
L’ultimo aggiornamento dell’Asian Development Outlook prevede infine che il ritmo dell’aumento dei prezzi possa accelerare ulteriormente, raggiungendo il 4,5% nel 2022 e il 4% nel 2023 – una revisione al rialzo delle previsioni di luglio, rispettivamente del 4,2% e del 3,5%, citando l’aumento delle pressioni inflazionistiche dovute ai costi di cibo ed energia.
“Le banche centrali regionali stanno aumentando i loro tassi di riferimento, poiché l’inflazione ha ormai superato i livelli pre-pandemici“, ha dichiarato. “Ciò contribuisce a inasprire le condizioni finanziarie in un contesto di prospettive di crescita in calo e di accelerazione della stretta monetaria da parte della Fed”.
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