Eurozona: arrivano gli stimoli fiscali?

L’introduzione di stimoli fiscali nell’Eurozona sarebbe un punto di svolta oppure invece è da ritenersi un miraggio? E’ questa la domanda che si è posta Marcela Meirelles, Managing Director Fixed Income dell’asset manager globale TCW. 

Secondo l’esperta oggi ci sono tutta una serie di buone ragioni per attendersi un riprezzamento dei bond governativi dell’Eurozona. La principale ragione è di tipo tecnico. Un deprezzamento è da considerarsi quasi fisiologico alla luce della recente performance molto robusta che i bond hanno subito e considerando anche il fatto che la maggior parte dei titoli oramai offre rendimenti negativi. Premesso questo, la Meirelles ritiene che le politiche fiscali espansionistiche non possano essere considerate una buona ragione per prospettare un riprezzamento dell’obbligazionario governativo. Secondo l’analista, infatti, non vanno sottovalutati gli ostacoli che l’ipotesi espansione fiscale nell’Eurozona andrebbe ad implicare. 

Gli elementi da tenere in considerazione sono infatti svariati. Da un lato, infatti, c’è l’importanza di arrivare ad uno spostamento dallo stimolo monetario a quello fiscale mentre dall’altro ci sono le sono aspettative sulla possibilità che il nuovo Presidente della BCE, Christine Lagarde, possa favorire la creazione di un ponte di dialogo tra i Ministri delle Finanze dei vari Paesi  e chi esercita il controllo fiscale dell’Eurozona. 

Storicamente parlando, gli ultimi 10 anni hanno conosciuto politiche macroeconomiche dell’Eurozona caratterizzate da un mix tra austerità fiscale e misure monetarie espansive anti-cicliche. Il rapporto debito pubblico/PIL dell’area Euro ha raggiunto il tetto massimo nel 2014 arrivando fino al 91,8 per cento. Da allora è poi iniziato un calo progressivo tanto che il Fondo Monetario Internazionale vede questo indicatore in calo fino all’82 per cento entro il prossimo anno.

Questo è il lato positivo ma c’è poi anche un lato negativo. Le politiche di riduzione del debito non sono state omogeee in tutti i paesi dell’area Euro. A condizionare le politiche dei singoli governi sono state le condizioni iniziali del debito ma anche i fondamentali di crescita.

Senza scendere troppo in tecnicismi si può affermare che tutti quei paesi che presentavano un margine di manovra iniziale ampio, sono riusciti ad implementare una stretta meno severa attuando una politica più sociale che ha incluso il sostegno alla famiglia e al lavoro. Questi paesi hanno ora un mercato del lavoro in ottima salute, elemento questo che va ad influire sul potenziale di crescita. Viceversa i paesi che avevano fin dall’inizio un margine di manovra stretto si sono dovuti accontentare di politiche sociali molto più limitate. 

Alla luce di tale discorso, l’analista ha diviso i paesi dell’area Euro in due categorie: da un lato ci sono i paesi che sono stati capaci di superarer gli obiettivi di bilancio a medio termine (OTM) stabiliti dall’UE e dall’altro quelli che invece non solo non hanno raggiunto alcun obiettivo ma addirittura si stanno allontanando dai target. A tal riguardo un indicatore interessante è quello che viene definito dello spazio fiscale ossia la differenza tra l’obiettivo di budget strutturale e il budget strutturale effettivo stimato per un certo anno.

Lo spazio fiscale è legato non solo al livello di debito complessivo ma anche al ritmo con cui una specifca economia avanza verso i target di medio termine. E’ per tale motivo che, nonostante la Grecia sia più indebitata dell’Italia, essa ha comunque più spazio fiscale del Bel Paese.

La BCE ha chiesto ai paesi dell’area Euro che presentano più spazio fiscale di intraprendere politiche fiscali di tipo espansivo. Nel complesso, però, non sembra che tali iniziative si spingano oltre l’utilizzo dei risparmi generati dal calo dei costi del debito esistente.

Di conseguenza serve fare di più. Gli esperti non vogliono ridurre l’importanza degli effetti positivi generati grazie all’austerità ma sono convinti che ci sia stato un cambiamento fondamentale nella dinamica del debito pubblico dell’Eurozona. Tale trasformazione dovrebbe spingere a rivederfe costi e benefici dei target attuali. inoltre va anche considerato il fatto che l’attuale allentamento monetario implementato nell’Eurozona non sia bastato per riportare l’inflazione sul livello target per la BCE.

Per implementare un’espansione fiscale di successo servono due condizioni: da un lato è necessario che l’espansione sia profonda e in secondo luogo, se è vero che parte più grossa dell’espansione debba provenire dai paesi più solidi come la Germania, è altrettanto vero che sia irrealistico pensare che paesi più in difficoltà come l’Italia siano costretti a seguire politiche di austerità. 

In conclusione, quindi, è necessario che vengano fatti passi avanti verso l’integrazione fiscale dell’Eurozona. In che modo? Ad esempio introducendo un budget comune o bond dell’area Euro. Sarebbero questi già degli importanti passi in avanti. 

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