
Puma SE finisce sotto la lente degli analisti dopo una serie di segnali negativi che stanno incrinando la fiducia degli investitori. Deutsche Bank ha abbassato la valutazione sul titolo da “buy” a “hold”, riducendo anche il target price a 20 euro, contro i 34 euro precedenti. La decisione riflette la crescente incertezza sulle prospettive economiche del marchio sportivo tedesco, alle prese con un momento particolarmente delicato.
I conti del secondo trimestre deludono e il titolo affonda
Il segnale d’allarme è arrivato con la pubblicazione dei risultati del secondo trimestre 2025: l’EBIT è risultato nettamente inferiore alle attese, facendo scattare immediatamente un’ondata di prese di profitto. A peggiorare il quadro, Puma ha rivisto al ribasso le stime per l’intero anno, tagliando sia le previsioni di vendite che di utile operativo.
Il nuovo scenario delineato dal management parla di fatturato in calo e margini sotto pressione, complice anche l’impatto dei nuovi dazi imposti dagli Stati Uniti, che potrebbero costare fino a 80 milioni di euro in termini di profitti lordi. Questo ha spinto gli analisti a riconsiderare la solidità del piano industriale in corso.
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Strategia incerta e visibilità ridotta: perché il mercato non si fida
Uno dei principali problemi sollevati da Deutsche Bank riguarda la mancanza di visibilità sui risultati futuri. Per il 2025 non ci sono previsioni chiare e il 2026 viene definito dallo stesso gruppo come un anno di transizione, con molte incognite su margini e utili.
A peggiorare la percezione degli investitori, anche il cambio di rotta strategico intrapreso da Puma. Dopo aver puntato per anni sull’“elevazione del brand”, l’azienda sta tornando a concentrarsi sulle vendite a prezzo pieno, una mossa che potrebbe rivelarsi rischiosa in un contesto di mercato incerto e con una domanda wholesale in forte contrazione.
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Il nuovo CEO parla di “reset”: ma il futuro resta tutto da costruire
Dal 1° luglio, alla guida del gruppo c’è Arthur Hoeld, ex dirigente di Adidas, che ha definito questo periodo un vero e proprio “reinizio” per Puma. Tuttavia, la fiducia nella nuova leadership deve ancora consolidarsi, e il mercato appare cauto di fronte a scelte che, per ora, non stanno producendo risultati concreti.
Nel frattempo, l’azienda si trova a dover gestire un eccesso di scorte, soprattutto negli Stati Uniti, dove le spedizioni anticipate in vista dei dazi hanno portato a un aumento del magazzino del 18% su base annua. Anche le vendite all’ingrosso sono in calo, con una flessione del 6,3% nell’ultimo trimestre, segno che la ripresa commerciale potrebbe richiedere più tempo del previsto.
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Un titolo in bilico tra rischio e potenziale rilancio
Il quadro complessivo è quello di un’azienda che sta cercando di reinventarsi, ma che per il momento non offre garanzie concrete sul breve periodo. Gli analisti sottolineano che, sebbene alcune scelte strategiche siano comprensibili, il rischio resta elevato e solo un recupero deciso dei margini potrà cambiare la narrazione attuale.
Per chi investe, Puma rappresenta oggi una scommessa attendista, in attesa che la nuova gestione dimostri di avere gli strumenti e la visione per riportare il brand a crescere in modo sostenibile. Finché non arriveranno segnali più chiari, però, il mercato resterà con il fiato sospeso.
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