
L’Italia, da sempre Paese di manifattura e commercio, è stata capace di trarre beneficio dall’espansione dei traffici internazionali negli anni ’90. L’export manifatturiero totale è passato dai 252,8 miliardi del 2000 ai 593,4 del 2024, una crescita significativa che testimonia la competitività del sistema produttivo nazionale sui mercati globali.
Oggi però la crescente indisponibilità statunitense a ricoprire il ruolo di “compratore di ultima istanza”, unita all’emergere di nuovi competitor sulla scena internazionale, configura un importante cambiamento di scenario che richiede nuove strategie di diversificazione geografica delle esportazioni italiane.
Geografia delle destinazioni in trasformazione
La nuova ricerca dell’Ufficio studi della Banca del Fucino, redatta da Vladimiro Giacché e Michele Tonoletti e intitolata “Oltre il giardino, 25 anni di export italiano extra-europeo”, fornisce una panoramica dettagliata dei cambiamenti dell’export italiano tra l’inizio del nuovo millennio e oggi.
Negli ultimi 25 anni la quota di export italiano diretta verso l’Area Euro si è ridotta di 6 punti percentuali, passando dal 45% al 39% circa del totale. Nonostante questo calo, il mercato europeo rimane la principale destinazione dei prodotti italiani, rappresentando il 67,2% nel periodo 2020-24, rispetto al 70,1% del quinquennio 2000-04.
Cina, USA e India conquistano quote di mercato
Lo spazio perso dall’Europa è stato occupato da tre Paesi in particolare: Cina (+1,5%), Stati Uniti (+1,1%) e, in misura minore, India (+0,4%). Sebbene il peso della Cina e dell’India sul totale dell’export italiano rimanga modesto, la crescita delle vendite su questi mercati è stata significativa.
Le esportazioni italiane verso la Cina sono cresciute da 2,3 miliardi nel 2000 a 14,7 miliardi nel 2024, mentre quelle verso l’India sono passate da 987 milioni a 4,9 miliardi nello stesso periodo. Cifre ancora modeste se confrontate ai 64,2 miliardi di export italiano verso gli USA nel 2024, ma che dimostrano un potenziale di crescita importante.
Gli Stati Uniti: opportunità e rischio
Gli USA hanno conservato e rafforzato la propria posizione di primo mercato extraeuropeo per le esportazioni italiane. Dopo il calo registrato nel primo decennio del nuovo millennio – dalla quota di oltre il 10% del 2000 al minimo del 6,1% nel 2009 durante la Grande Crisi Finanziaria – la quota americana è risalita fino a superare il 10% nel post-pandemia.
La ricerca identifica proprio in questa accresciuta dipendenza dal mercato USA uno dei principali fattori di rischio per la tenuta futura dell’export italiano. Un rischio che sembra ora concretizzarsi con l’imposizione di dazi al 15% da parte dell’attuale amministrazione americana su gran parte dell’export europeo.
La necessità di diversificazione strategica
Lo studio evidenzia come la diversificazione geografica rappresenti una necessità strategica per ridurre la vulnerabilità del sistema export italiano alle politiche commerciali aggressive e ai cambiamenti geopolitici. La concentrazione eccessiva su mercati tradizionali, per quanto redditizi, espone il Paese a shock esterni difficilmente prevedibili.
L’espansione verso mercati emergenti come Cina e India non rappresenta solo un’opportunità di crescita, ma una vera e propria assicurazione contro le incertezze del commercio internazionale. Questi mercati, caratterizzati da una classe media in espansione e da una crescente domanda di prodotti di qualità, offrono spazi significativi per il Made in Italy.
Sfide e opportunità per il futuro
La ricerca sottolinea come il cambiamento della geografia commerciale mondiale richieda alle imprese italiane una maggiore flessibilità strategica e investimenti mirati in nuovi mercati. La crescita esponenziale delle esportazioni verso Cina e India negli ultimi 25 anni dimostra che questi mercati sono accessibili e appetibili per i prodotti italiani.
L’autonomia strategica dalle dinamiche commerciali americane diventa quindi non solo un obiettivo economico ma anche geopolitico, permettendo all’Italia di mantenere la propria competitività indipendentemente dalle politiche protezionistiche che potrebbero emergere oltreoceano. La diversificazione geografica dell’export rappresenta la chiave per garantire la resilienza del sistema economico italiano nel lungo termine.
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