Come i trader sul petrolio reagiscono alla variante Omicron

L’arrivo della variante Omicron del covid19, con tutte le discussioni annesse sul reale livello di pericolosità del nuovo ceppo pandemico, ha avuto effetti immediati sui mercati. Da un lato ci sono state le borse che hanno registrato crolli anche considerevoli subito poi seguiti da tentativi di rimbalzo, quasi a dimostrazione dell’elevata incetezza che si respira in questo momento; mentre dall’altro ci sono stati i sell-off che hanno interessato le materie prime più gonfie a partire dal petrolio. Anche nel caso del greggio, a sedute fortemente ribassiste sono poi seguite giornate caratterizzate da tentativi di rimbalzo. 

Insomma conseguenza della variante Omicron non è stato tanto il crollo dei mercati, quanto una fortissima volatilità. Tale situazione non rappresenta di per sè un elemento negativo. Come sono soliti affermare gli analisti di eToro (qui la recensione del broker), infatti, è nelle fasi di alta volatilità che è possibile cogliere le occasioni di trading più interessanti. Fondamentale, però, è essere in grado di operare in situazioni di questo tipo. Un aiuto in tal senso arriva proprio dalla stessa eToro che, lo ricordiamo, offre sempre la demo gratuita da 100 mila euro virtuali per fare pratica. 

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Ricostruiamo, adesso, fase per fase, quella che è stata la reazione psicologica degli investitori alle notizie sulla variante Omicron.

Solitamente il primo comportamento di trader e investitori è quello di abbandonare gli asset più rischiosi in favore dei “beni rifugio”. In questo caso, l’arrivo delle prime notizie su Omicron nella giornata di venerdì ossia il giorno dopo il Thanksgiving americano (la festa del Ringraziamento), ha contribuito ad accentuare la volatilità dei titoli, anche a causa di volumi di scambio inferiori alla norma. Negli Stati Uniti, infatti, molti trader non erano neppure attivi essendo venerdì il giorno del Black Friday (chiusura borsa Usa anticipata alle ore 13,00). 

L’oscillazione dei prezzi

Questo ha comportato una riduzione pari al 13 per cento del prezzo del petrolio “made in Usa”, il WTI, che si è fermato a 68,15 dollari al barile. Il Brent invece, il petrolio del Mare del Nord, è caduto dell’11,6 per cento attestandosi a 72,72 dollari al barile. Il calo è stato causato da un timore di nuovi lockdown. Nel 2020 il prezzo del petrolio arrivò addirittura in negativo per alcune settimane, proprio per le chiusure generalizzate di aziende, di aeroporti, porti, blocco del traffico.

Se finora i lockdown non sono ancora sull’agenda politica, dal 26 novembre scorso, ci sono 56 stati che si sono affrettati ad introdurre restrizioni come chiusure delle frontiere o limitazioni degli accessi, per bloccare la variante Omicron. Anche alcuni paesi europei hanno sperimentato mini lockdown localizzati, riducendo l’orario di apertura di negozi, bar e ristoranti. Obiettivo dei governi è quello di contenere in ogni modo la diffusione di Omicron sperando che i vaccini possano fungere da ammorizzatore. 

Prezzo petrolio: calo è pausa temporanea del rialzo o no?

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Come si può vedere dal grafico in alto sulla quotazione petrolio, i prezzi hanno iniziato a risalire già a fine novembre e nei primi giorni di dicembre. Il Brent ha toccato quota 77 dollari al barile, per poi tornare a scendere attestandosi intorno ai 73 dollari il barile mentre il WTI è risalito a 72 dollari al barile per poi scendere a 69,95 dollari.

Nonostante questi tentativi di recupero, però, i prezzo sono probabilmente destinati a scendere a causa delle maggiori restrizioni sugli spostamenti che sono attese per il periodo di Natale. 

L’amministrazione USA, tramite il Presidente Joe Biden, starebbe considerando delle restrizioni più stringenti e delle procedure di quarantena che potrebbero rendere più difficili gli spostamenti da e verso gli Stati Uniti. Anche il nuovo Governo della Germania si trova a prendere decisioni difficili nel pieno della quarta ondata.

C’è poi la questione del braccio di ferro tra paesi produttori di petrolio (OPEC e versione allargata alla Russia OPEC+) e paesi consumatori guidati dagli Usa. I primipotrebbero decidere di mettere in pausa l’aumento mensile di 400.000 barili al mese, prevedendo un surplus produttivo favorito dalle restrizioni. Ma il virus ci ha abituato a non fare previsioni troppo in là nel tempo.

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