Donald Trump con la bandiera degli USA alle spalle e dei container sullo sfondo. In sovrimpressione una freccia verso il basso
Donald Trump (immagine generata tramite IA) - BorsaInside.com

Il 9 luglio 2025 segna una scadenza chiave per il commercio internazionale: termina infatti la moratoria sui dazi imposta da Donald Trump, che aveva concesso una sospensione temporanea in attesa di nuovi accordi commerciali.

In assenza di intese formali, le tariffe doganali statunitensi torneranno attive con aliquote comprese tra l’11% e il 50%, colpendo una vasta gamma di partner commerciali. Al momento, solo alcuni Paesi come Regno Unito e Cina sembrano aver trovato un parziale punto d’incontro con Washington, ma la maggior parte delle trattative è ancora in alto mare.

L’incertezza domina lo scenario: non è chiaro se Trump concederà ulteriori proroghe per facilitare gli accordi, né se le controparti accetteranno eventuali condizioni imposte all’ultimo momento.

Secondo un’analisi pubblicata dal team macroeconomico di ING, è improbabile che le negoziazioni in corso si concludano entro il 9 luglio, rendendo probabile un’ondata di tensioni commerciali e contraccolpi economici a breve termine.

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Dazi e diplomazia: tra intese fragili e minacce reciproche

Le relazioni internazionali sono ora in una fase critica. Gli Stati Uniti hanno siglato un accordo con la Cina per ottenere accesso privilegiato a materiali strategici come le terre rare, in cambio dell’eliminazione di alcune ritorsioni cinesi. Tuttavia, i dettagli restano riservati per motivi geopolitici, e le tariffe USA sulle importazioni cinesi sono ancora al 55%.

Pechino, inoltre, accusa Washington di “bullismo unilaterale” e critica duramente gli accordi che altri Paesi stanno stipulando con gli Stati Uniti, ritenendoli dannosi per i propri interessi economici.

Il braccio di ferro con l’Unione Europea si intensifica: Trump minaccia dazi al 50% se non si troverà un accordo entro la scadenza, mentre Bruxelles ha già fissato il 14 luglio come data per eventuali contromisure.

Più distesi, invece, i rapporti con il Canada, dove il primo ministro Mark Carney ha ritirato una proposta di tassa digitale che aveva causato la rottura delle trattative. Ora si lavora a un nuovo accordo commerciale, da finalizzare entro il 21 luglio.

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Le strategie economiche di Trump e il ritorno del protezionismo USA

Il 4 luglio, il presidente americano ha firmato un imponente pacchetto legislativo soprannominato “Big Beautiful Bill”, destinato a ridurre la spesa pubblica di 1,5 miliardi di dollari e a rafforzare la sicurezza dei confini, la difesa nazionale e la produzione energetica.

Una parte significativa di questi fondi dovrebbe arrivare proprio dai ricavi doganali, confermando la centralità della strategia protezionista nell’agenda economica americana.

Secondo gli analisti ING, la tariffa media statunitense – attualmente attorno al 13% – difficilmente cambierà nel breve termine. È invece plausibile un inasprimento selettivo dei dazi nel corso del terzo e quarto trimestre, in seguito alle conclusioni delle indagini avviate ai sensi delle Sezioni 232 e 301 del Trade Expansion Act.

Queste normative consentono al presidente di intervenire su beni ritenuti critici per la sicurezza nazionale o in caso di pratiche commerciali scorrette. I settori a rischio includono:

  • rame
  • farmaci
  • semiconduttori
  • legname
  • camion e aerei

Mentre restano già in vigore tariffe elevate su automobili, acciaio, alluminio e componentistica, l’UE si prepara ad affrontare un’imposizione compresa tra il 10% e il 15%, mentre per la Cina si prevedono livelli fino al 50%.

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Nuovi equilibri e battaglie legali all’orizzonte

La guerra dei dazi non è solo una partita commerciale, ma anche una battaglia di diritto internazionale. Il prossimo 31 luglio rappresenta una data cruciale, con la possibile sentenza definitiva sulla legalità dei provvedimenti presi da Trump.

La Corte per il Commercio Internazionale (CIT) ha già giudicato eccessivo il ricorso alla IEEPA, la legge che consente al presidente poteri straordinari in situazioni di emergenza economica. Tuttavia, la Corte d’Appello del Circuito Federale (CAFC) ha sospeso l’efficacia della sentenza, mantenendo in vigore i dazi su Cina, Canada, Messico e altri Paesi.

Se la CAFC dovesse confermare la violazione, il caso potrebbe arrivare fino alla Corte Suprema, aprendo nuovi scenari di instabilità per il commercio globale.

Intanto, il panorama resta frammentato: il Canada ha introdotto dal 27 giugno un contingente tariffario (TRQ) per l’import di acciaio da Paesi privi di accordi di libero scambio; la Cina resta un fornitore indispensabile di materie prime per molti Stati (dall’ASEAN all’America Latina, fino alla Germania), rendendo difficile qualsiasi rottura netta con Pechino.

Il ritorno dei dazi si presenta, quindi, come un evento spartiacque per l’equilibrio economico internazionale, destinato a influenzare i flussi commerciali e gli assetti geopolitici ancora per molti mesi.

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