Quando in pensione con 41 anni di contributi?

Non è semplice districarsi tra le complicate matasse della riforma pensione. Oggi capire quando è possibile andare in pensione per un lavoratore, è qualcosa di veramente difficile. Soprattutto se ancora non si sono raggiunti i requisiti minimi come l’età pensionabile, o anche se non si hanno i requisiti minimi contributivi e si è affetti da forti malanni come ad esempio le crisi depressive.

In questi casi, avete mai pensato se ci sono delle reali possibilità di andare in pensione? Soprattutto avete mai pensato quando andare in pensione con 41 anni di contributi?

In questo caso si deve anche analizzare e differenziare il lavoratore, se autonomo o dipendente.

Supponiamo ad esempio esso abbia un impego pubblico.

Esaminando il quesito su posto precedentemente, se il lavoratore ha maturato i 41 anni e 3 mesi di contributi con un’età anagrafica di 61 anni e nel caso in cui vi siano delle gravi condizioni di salute, è possibile accedere alla pensione anticipata.

Purtroppo ci sono delle limitazioni.

Ad esempio, non è possibile accedere alla pensione con i requisiti su riportati e nel caso in cui il soggetto richiedente sia affetto da qualche patologia minima riscontrabile, come ad esempio la depressione grave o le crisi epilettiche. In questo caso non è possibile andare in pensione nell’immediato. I presupposti non persistono.

Si potrebbe presupporre anche la possibilità di andare in pensione con Quota 100.

Il lavoratore in oggetto potrebbe accedere alla pensione con quota 100, poiché ci sono i requisiti contributivi, ma non ci sono i requisiti anagrafici. Servono infatti 62 anni di età.

Infine, se anche si possedesse questo requisiti anagrafici, si potrebbe andare in pensione con quota 100 solo al termine dei 3 mesi di finestra mobile.

Ad esempio, se i 62 anni vengono compiuti nel maggio del 2020, il soggetto in questione potrebbe andare in pensione a partire dal 1 settembre 2020.

Si potrebbe optare per andarsene con la pensione anticipata se sussistono i presupposti della Legge Fornero, ma sarebbe troppo complicato in quanto si devono maturazione di 42 anni e 10 mesi di contributi.

In pratica deve sempre attendere 1 anno e 7 mesi a cui si aggiungeranno 3 mesi legati alla finestra.

Purtroppo andare in pensione con queste condizioni non è possibile, in quanto non viene riconosciuta nessuna invalidità in merito.

Nel caso si tratta di lavoratore dipendente, potremmo dire che le cose sono più semplici, rispetto al lavoratore autonomo. Questo perché il lavoratore potrebbe mettersi in malattia e sfruttare il rimanente periodo (prima di andare in pensione) con questa prestazione previdenziale.

Il problema persiste invece in caso di lavoratore autonomo. In questo caso, il lavoratore non ha diritto a nessun indennizzo e nessuna prestazione assistenziale!

Nel caso di lavoratore dipendente, i contributi per il periodo di vacanza da malattia vengono versati in forma figurativa. Se malauguratamente il soggetto lavoratore dipendente nonostante termini il periodo di malattia, non riesca ancora a lavorare e potrebbe essere oggetto di licenziamento, ha la possibilità di accedere agli ammortizzatori sociali. In questo caso, potrebbe far domanda per accedere all’indennità di disoccupazione (Naspi) che dovrebbe avere una durata massima di 2 anni in caso di lavoro continuato negli ultimi 4 anni.

Questa sarebbe un ancora di salvezza per il lavoratore dipendente, il quale vorrebbe dire poter raggiungere il 1 settembre 2020 e accedere alla pensione.

Non è così invece per il lavoratore autonomo, il quale non potrà sfruttare questi escamotage e quindi non potrà accedere alla pensione con quota 100 o quota 41.

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Trattamento di Fine Rapporto (TFR) per i dipendenti pubblici

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