Non sappiamo ancora con certezza in che modo interverrà il governo guidato da Mario Draghi nell’ambito del sistema pensionistico, ma possiamo provare a fare alcune ipotesi sulla base delle informazioni trapelate fino a questo momento.

Sappiamo prima di tutto che il governo guidato dall’ex presidente della Banca Centrale Europea ha tra i suoi obiettivi primari quello di ridurre la spesa pubblica, e sappiamo anche che le pensioni rappresentano un capitolo di spesa decisamente importante, da cui il fondato timore che proprio lì potrebbe intervenire Mario Draghi.

Il nuovo governo dovrà agire in qualche modo per ridurre la spesa pubblica, e per farlo potrebbe andare a ritoccare quindi l’assegno pensionistico. Molti osservatori ritengono che le probabilità che ciò accade sono tutt’altro che trascurabili, ma in che modo il nuovo esecutivo potrebbe decidere di intervenire esattamente?

Il dibattito sul tema pensioni è tuttora aperto, e non si è ancora giunti quindi ad alcuna decisione definitiva, certo sembra essere solo che non ci sarà alcuna proroga di Quota 100, misura introdotta dal primo governo Conte come sperimentale, e con scadenza a dicembre 2021.

Cosa cambierà nel sistema delle pensioni con il governo Draghi?

La domanda quindi è: in che modo il governo Draghi modificherà il sistema delle pensioni? Ad oggi, come stabilito dalla tanto odiata legge Fornero, è possibile andare in pensione al raggiungimento dei 67 anni di età a patto che si abbia un’anzianità contributiva di almeno 20 anni.

È anche possibile andare in pensione in anticipo se sussistono determinati requisiti, ad esempio nel caso in cui si sia raggiunto il requisito contributivo dei 42 anni e 10 mesi, senza che occorra raggiungere alcun requisito relativo all’età anagrafica, che difficilmente sarà inferiore ai 60 anni. Le lavoratrici invece possono andare in pensione con un requisito contributivo leggermente più basso, 41 anni e 10 mesi.

Inoltre fino al 31 dicembre 2021 è possibile andare in pensione con Quota 100, cioè con 38 anni di contributi e 62 anni di età. Ma come dicevamo, difficilmente il presidente del Consiglio riterrà opportuno prorogare la misura oltre quella data.

La conseguenza più evidente della mancata proroga di Quota 100, e quindi del ritorno all’applicazione della legge Fornero, è il ripido ‘scalone’ che si troveranno davanti coloro che non hanno maturato i requisiti per uscire con Quota 100 per pochi giorni soltanto, i quali saranno invece costretti ad attendere 5 anni in più per andare in pensione.

Pensioni: cosa chiede l’Europa?

Il problema del lavoratore a un passo dalla pensione che invece dovrà attendere i 67 anni di età è evidentemente l’ultima delle preoccupazioni dell’Unione Europea, e potrebbe essere di consguenza una delle ultime preoccupazioni dell’esecutivo guidato dal governo di Mario Draghi che a ciò che chiede l’Ue tende a dare una certa importanza.

E cosa chiede l’Europa per quel che riguarda le pensioni? All’Italia chiede prima di tutto di mettere da parte Quota 100, misura che per quanto sperimentale non è mai piaciuta a Bruxelles. Di conseguenza appare chiaro che il governo filo-europeista di Mario Draghi seguirà questa strada senza pensarci due volte.

Quota 100 sarebbe nel mirino della Commissione Ue e al suo scadere non ci sarà spazio per alcuna proroga, quindi come si risolve il problema del cosiddetto ‘scalone’? Di certo non contravvenendo alle disposizioni che arrivano dall’esecutivo comunitario, soprattutto non dopo aver chiesto le risorse previste dal Recovery Fund.

È bene sottolineare infatti che perché l’Ue accetti di erogare i finanziamenti previsti dal Recovery Fund, deve essere approvato il Recovery Plan, ed una eventuale proroga di Quota 100 non sarebbe sicuramente vista di buon occhio, e magari pregiudicherebbe l’approvazione del piano. 

Una riforma delle pensioni finirà senz’altro sotto la lente d’ingrandimento dell’Ue, e senza la sua approvazione l’accesso alle risorse previste dal Recovery Fund potrebbe essere compromesso.

Il problema dello scalone però in qualche modo dovrà pur essere risolto, ed una delle strade che si potrebbero seguire sarebbe quella dei coefficienti di trasformazione, così pure quella delle soglie di pensionamento attraverso le quali, pur rimanendo in un sistema totalmente contributivo, si potrebbe rendere il passaggio da Quota 100 alla legge Fornero un po’ più graduale.

La riforma delle pensioni non è tra le priorità del governo Draghi

Tra i task su cui il governo guidato dall’ex presidente della Banca Centrale Europea dovrà mettersi al lavoro c’è quello delle pensioni, o almeno dovrebbe esserci, ma stando a quanto recentemente dichiarato dal ministro del Lavoro Andrea Orlando, non è esattamente così che stanno le cose.

Sappiamo molto bene che a dicembre 2021 giunge a scadenza Quota 100, e che si torna ad andare in pensione con la Legge Fornero, motivo per cui i lavoratori che per un soffio non riescono a raggiungere i requisiti per il pensionamento con Quota 100 si troveranno a dover aspettare 5 anni in più.

Ma del cosiddetto “scalone” all’attuale esecutivo sembra importare molto poco, almeno stando all’intervista rilasciata dal ministro Orlando ad alcune testate straniere. Il ministro del Pd ne ha parlato anche a Radio 24, dove ha confermato l’importanza di risolvere il nodo pensioni, ma ha anche precisato che prima ci sono diverse questioni da affrontare.

Sul fatto che di problemi da risolvere ce ne siano in quantità nessuno poteva certo nutrire dubbi, problemi che peraltro continuano ad aumentare visto con quale ostinazione si segue ancora la strada delle restrizioni in chiave anti-Covid causando una serie interminabile di danni economici a famiglie, lavoratori e imprese, danni ai quali si tenta maldestramente di rimediare con aiutini ed elemosine.

Ed è chiaro che andando avanti su questa strada bisogna mettere in campo ingenti risorse con esborsi sempre più gravosi per le casse dello Stato. Il ministro Orlando infatti ha toccato proprio questo tema spiegando che “le risorse sono limitate, i governi lavorano sull’extra deficit ma a fine anno scadrà Quota 100 e noi discuteremo su come affrontare questo passaggio”.

Tuttavia il ministro ha aggiunto: “adesso dobbiamo concentrarci su due obiettivi fondamentali che sono la riforma degli ammortizzatori sociali e un piano d’accordo con le Regioni per il lavoro, poi rifletteremo e ci confronteremo sul resto. Non troppo in là ma sicuramente non subito”.

Quello che l’esecutivo guidato da Mario Draghi sta facendo per sciogliere il nodo pensioni è evidentemente troppo poco. “Abbiamo attivato e anche ereditato delle commissioni di lavoro e di studio sul tema della previdenza e stiamo approntando un’analisi per capire in che termini ha funzionato Quota 100 e che cosa ha prodotto”.

Non è chiarissimo in che modo il governo intenda affrontare il problema del cosiddetto “gradone”, quel che invece appare chiaro è che quello delle pensioni “non diventerà un tema di priorità politica finché non avremo avviato il lavoro su altre due questioni che ritengo in questo momento più importanti, come la riforma degli ammortizzatori sociali e l’avvio di un confronto con le Regioni sulle politiche attive del lavoro”.

Anche la Banca d’Italia chiede di allungare l’età pensionabile

Non solo l’Europa quindi, ma anche Bankitalia Spa chiede un sostanziale ritorno verso i requisiti stabiliti con la legge Fornero, e quindi l’abbandono definitivo di Quota 100.

Mario Draghi quindi dovrà aprire un tavolo di confronto coi sindacati e con le parti sociali per intervenire sul sistema pensionistico. Sarà necessario trovare un compromesso tra la linea indicata da Ue e Bankitalia, e le esigenze dei lavoratori ormai prossimi alla pensione, tenendo conto di tutta una serie di fattori legati alla drammatica crisi economica in cui il Paese è precipitato a causa della politica di restrizioni adottata da oltre un anno.

Quel che si spera è che l’ex presidente della BCE possa ricevere dall’Ue delle risorse da destinare specificamente alla riforma delle pensioni, grazie alle quali si possa intervenire per ridurre il famoso ‘scalone’. Quel che accadrà probabilmente sarà che il governo andrà ad agire sui vari coefficienti e sulle soglie di pensionamento.

Per quel che riguarda il sistema pensionistico attuale, la Cisl ha sottolineato che “Quota 100 è stata utilizzata molto poco dalle donne, dal momento che raggiungere il minimo di 38 anni di contributi richiesti è estremamente difficile per molte lavoratrici a causa dei noti problemi di forte precarietà e discontinuità lavorativa”.

Il governo Draghi avrà nei prossimi mesi il compito di mettere a punto una riforma delle pensioni in grado di offrire un’uscita meno traumatica dai meccanismi di Quota 100, ma che al contempo risulti meno gravosa per le casse dello Stato.

Il problema delle pensioni mette in allarme i sindacati

Il nodo pensioni è uno di quelli che il governo si dovrebbe affrettare a sciogliere. La prospettiva di rimandare non è esattamente quella che i lavoratori che si troveranno davanti il tanto temuto ‘scalone’ vorrebbero avere, e ad esprimersi in modo decisamente critico sono anche i sindacati.

Il segretario generale della Cgil, Roberto Ghiselli, ha commentato la situazione che si sta venendo a creare sulla base di quanto emerge dalle dichiarazioni degli esponenti del governo di Mario Draghi, affermando che non si può evitare di riaprire il tavolo delle trattative e che è necessario far ripartire in tempi brevi i lavori delle commissioni.

Il parere dei sindacati è che sia importante in questa fase separare assistenza e previdenza sociale, cercando di andare verso un intervento normativo completo in grado di toccare tutte le criticità emerse prima di arrivare alla naturale scadenza di Quota 100.

Ghiselli ha infatti spiegato: “vorremmo capire dal nuovo governo se condivide l’idea di un intervento complessivo sulla previdenza che affermi la flessibilità in uscita (per noi dopo 62 anni o con 41 anni di contributi) che affronti il tema della prospettiva previdenziale dei giovani, la possibilità di andare in pensione in anticipo per chi ha fatto lavori gravosi e di cura, per le donne, e la tutela del potere d’acquisto delle pensioni. Se questi sono i temi da affrontare siamo già in ritardo e non c’è altro tempo da perdere”.

Anche la Cisl esrime un parere critico rispetto alle posizioni dell’esecutivo guidato dall’ex presidente della BCE, ed anche qui viene sottolineata l’importanza di avere delle commissioni di studio che si occupino di analisi approfondite nell’ambito della spesa assistenziale di della spesa previdenziale.

Attingere a dati certi e precisi diventa fondamentale nell’ottica di apportare modifiche e correzioni all’attuale sistema previdenziale. Ignazio Ganga, segretario della Cisl, ha infatti ricordato che “tanti lavoratori e lavoratrici si chiedono con preoccupazione quali saranno le regole per andare in pensione dopo la scadenza di Quota 100 a dicembre 2021″.

“La situazione determinata dal protrarsi della crisi pandemica aumenta lo stato di incertezza ed è importante che il governo, accanto alla gestione dell’emergenza, dia la disponibilità a ragionare sui vari problemi della previdenza a partire da quello relativo alla flessibilità per accedere alla pensione fino al tema delle rivalutazioni dei trattamenti in essere”.

Pensioni: cambia l’aspettativa di vita ma anche il PIL

La pandemia di Coronavirus in un modo o nell’altro ha prodotto alcuni risultati che andranno ad incidere sul sistema pensionistico. Nel corso del 2020, quantomeno in Italia, nonostante lockdown e severe restrizioni, si è assistito ad un aumento del numero dei decessi che, secondo alcuni osservatori, non sono dovuti al virus in sé, ma al modo in cui è stato gestito.

Indipendentemente da quali siano le cause che hanno prodotto questo aumento dei decessi, lo stesso ha causato un abbassamento della speranza di vita media, quantificato dall’ISTAT in 1 anno e 6 mesi. Doveroso sottolineare che una riduzione dell’aspettativa di vita media non si verificava in Italia dal 2011, il che significa che quando è stata varata la legge Fornero non si immaginava uno scenario di questo tipo.

La legge Fornero infatti ha stabilito che l’età pensionabile deve essere calcolata in maniera direttamente proporzionale al crescere dell’aspettativa di vita, con un adeguamento biennale. In questo caso però l’aspettativa di vita è scesa, quindi cosa succede?

Il secondo aspetto da valutare è quello del drastico calo del PIL, che si è registrato sia in Italia che negli altri Paesi che hanno scelto la politica delle restrizioni per affrontare l’emergenza Coronavirus.

Infatti dobbiamo ricordare che nel calcolo attraverso il sistema contributivo si tiene conto non solo dell’aspettativa di vita e della crescita demografica, ma anche dell’andamento del PIL, che va ad incidere sull’importo dell’assegno pensionistico.

In assenza del tanto atteso rimbalzo del PIL, nei prossimi anni dovremo aspettarci che le quote scenderanno dall’1% al 4%, con effetti più accentuati per i lavoratori che attualmente hanno tra i 40 ed i 50 anni.

James Pomeroy, economista di HSBC, ha spiegato che nel giro di un ventennio la forza lavoro conterà sul 10-15% in meno di adulti. “Questo porterà a un ulteriore aumento delle pressioni sui sistemi di welfare: un problema che rischia di diventare irrisolvibile specialmente in Europa, dove la popolazione continua a invecchiare e la spesa pensionistica è già aumentata di quasi un terzo tra il 2008 e il 2016” riporta Businessinsider.

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