Reddito di cittadinanza, chi rischia il sequestro del conto corrente? Ecco cosa dice la sentenza della Corte di Cassazione

Il Reddito di Cittadinanza, misura introdotta a suo tempo dal primo governo Conte, su iniziativa del Movimento 5 Stelle ma con l’appoggio della Lega, sta subendo tutta una serie di modifiche e ciò dovrebbe portare auspicabilmente ad una sua evoluzione.

Si tratta infatti di una importante misura a sostegno del reddito delle famiglie in difficoltà attraverso la quale si combatte effettivamente l’ormai sempre più diffusa condizione di povertà in cui un numero via via maggiore di cittadini italiani tendono a trovarsi soprattutto per via del protrarsi delle limitazioni e delle restrizioni in chiave anti-contagio.

Il prezzo della politica di restrizioni adottata dapprima dal governo Conte bis e successivamente anche dal governo Draghi fin dal suo insediamento continua a gravare sulle spalle di tutti i contribuenti, e questo non fa che rendere ancor più importante il reddito di cittadinanza che, tuttavia, deve divenire il prima possibile uno strumento efficace per il reinserimento nel mondo del lavoro dei suoi beneficiari.

Il fatto che le politiche attive per l’inserimento nel mondo del lavoro non abbiano mai iniziato a funzionare tuttavia non è l’unico problema da risolvere per quel che riguarda il Reddito di Cittadinanza, l’altro problema sono i cosiddetti furbetti che ricevono il sussidio pur non avendone diritto.

Cosa dice la sentenza della Corte di Cassazione: il sequestro del conto corrente

Proprio in questi giorni è venuto fuori uno dei casi più eclatanti di truffa ai danni dello Stato ad opera di un beneficiario del Reddito di cittadinanza che percepiva addirittura 12 sussidi, naturalmente senza averne diritto.

Non è l’unico caso, ovviamente, né l’unico così eclatante. Non è una novità infatti che in Italia si riesca ad accedere a misure di sostegno senza averne i requisiti, come nel caso delle pensioni di invalidità spesso erogate anche per molti anni, a persone completamente sane o che comunque non avrebbero diritto al sussidio.

La stessa cosa accade con il reddito di cittadinanza, e le conseguenze legali anche in questo caso possono comportare condanne penali.

Ma i “furbetti” del reddito di cittadinanza corrono anche un altro pericolo, che è quello del sequestro del conto corrente bancario o postale come stabilito dalla recente sentenza della Corte di Cassazione.

Si tratta della sentenza numero 41183 del 12 novembre 2021 che stabilisce che è possibile sequestrare il conto corrente bancario o postale di chi percepisce il reddito di cittadinanza senza averne il diritto.

La sentenza arriva nel contesto di un caso realmente accaduto di una donna, impiegata come lavoratrice dipendente, che percepiva ancora il Reddito di Cittadinanza pur avendo ottenuto un posto di lavoro con regolare contratto di assunzione.

In questo caso la trasgreditrice si è vista sequestrare il conto corrente ed ha tentato di fare ricorso ma senza successo. La Corte di Cassazione ha infatti respinto il ricorso della donna ed è stata confermata la confisca di tutte le somme di denaro che le erano state erogate dall’Inps senza che ne avesse diritto.

In realtà inizialmente la donna aveva diritto a ricevere il Reddito di Cittadinanza, ma successivamente aveva trovato lavoro ed era stata assunta come lavoratrice dipendente. Tuttavia la donna non ha comunicato la variazione come previsto dal regolamento del Reddito di Cittadinanza, e ha continuato a ricevere il sussidio come se nulla fosse cambiato.

Quella della Corte di Cassazione del 12 novembre è stata la prima sentenza emessa in linea con le modifiche al Reddito di Cittadinanza che sono state apportate con la Legge di Bilancio 2022.

Una delle novità inserite nella nuova manovra economica riguarda la decadenza del beneficio al rifiuto non della terza bensì già della seconda offerta di lavoro. A comportare la perdita del diritto al sussidio sarà anche l’assenza ingiustificata dai lavori di pubblica utilità e si rischia anche nel caso in cui non ci si presenti mensilmente al Centro per l’Impiego.

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