Il governo Draghi verso la riforma delle pensioni. Sarà una riforma strutturale ed è prevista per inizio 2023

L’ultima riforma delle pensioni che abbiamo avuto in Italia è la vecchia Legge Fornero, dopo la quale sono state introdotte diverse novità in ambito pensionistico, soprattutto con l’intento di offrire ai cittadini prossimi alla pensione soluzioni alternative per uscire dal mondo del lavoro.

È infatti nella cornice della Legge Fornero che è stata inserita Quota 100, la misura fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle, introdotta dal primo governo di Giuseppe Conte con il sostegno della Lega di Matteo Salvini.

Gli Italiani però continuano ad aspettare una riforma strutturale del sistema pensionistico, che vada a rimpiazzare in modo definitivo la tanto odiata legge Fornero.

Il governo guidato da Mario Draghi si appresta quindi ad incontrare i sindacati proprio nei prossimi giorni, con l’intenzione di aprire un dibattito finalizzato alla realizzazione di una riforma completa e strutturale, che abbia al centro i giovani e le donne.

L’incontro tra il governo e i sindacati è già stato programmato per oggi lunedì 7 febbraio, d’altra parte è evidente che dallo scadere di Quota 100 a fine 2021 ci si trova nella necessità di trovare una valida alternativa tanto alla norma sperimentale introdotta dal governo Conte quanto alla legge Fornero alla quale inevitabilmente si trova a riapprodare in assenza di una nuova riforma.

La nuova riforma delle pensioni avrà al centro i giovani e le donne

Quello del 7 febbraio è un appuntamento importante perché il governo tenterà di gettare le basi per la nuova riforma del sistema pensionistico. Inoltre vi è grande attesa per questo incontro anche per il suo valore politico, visto che una riforma delle pensioni è un banco di prova non da poco per testare la maggioranza di governo.

Dal canto loro i sindacati hanno già anticipato quali saranno i nodi più importanti da sciogliere, annunciando che si tenterà in particolare di tutelare i giovani e le donne, due categorie pesantemente danneggiate dalla politica di chiusure e restrizioni imposte dal governo nel dichiarato intento di contenere la diffusione del Covid-19.

I sindacati contano sul fatto che quella dei giovani e delle donne sarà una priorità anche per il governo, e se si deciderà di andare in questa direzione allora è evidente che sarà necessario modificare in modo concreto e sostanziale la legge Fornero che stabilisce il requisito dei 67 anni di età anagrafica per l’uscita dal mondo del lavoro.

Nella nuova riforma delle pensioni età pensionabile a 62/63 anni

Ancora non è dato sapere quali misure conterrà la nascitura riforma delle pensioni, né è dato sapere quanto tempo ci vorrà per avere un’idea del modo in cui verrà strutturata. Quello che sappiamo però è che, per quel che riguarda le tempistiche, entro il mese di aprile e per l’esattezza prima della stesura del Def (Documento di Economia e Finanza) dovrà essere pronta la prima bozza.

In questo modo sarà possibile inserire poi la riforma delle pensioni all’interno del testo della manovra economica 2023, che come è noto viene preparata nel corso dell’autunno. Se queste tappe vengono rispettate allora la riforma sarà pronta per entrare in vigore a partire dall’inizio del nuovo anno con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Legge di Bilancio 2023.

Per ridurre il cosiddetto scalone, determinato dal brusco passaggio da Quota 100 alla pensione a 67 anni di età, è stata introdotta come sappiamo Quota 102, una misura ponte che prevede il pensionamento a 64 anni di età e 38 anni di contributi, e la nuova riforma deve arrivare necessariamente prima che questa misura giunga a scadenza.

La riforma delle pensioni ed il problema dei giovani

Principale obiettivo della nuova riforma delle pensioni dovrebbe essere quello di andare incontro ai giovani che, stando al recente rapporto dell’Ocse rischiano di andare in pensione non prima dei 70 anni. Inoltre vi è un problema anche sotto l’aspetto degli importi riconosciuti, con un assegno mensile che rischia di essere al di sotto della soglia di povertà.

Si pone quindi la necessità di intervenire con una riforma del sistema pensionistico in grado di sciogliere questo nodo. Si è pensato a tale scopo di introdurre un paracadute previdenziale che consiste in un bonus contributivo virtuale versato dallo Stato con il quale verrebbero coperti tutti i periodi di precariato, di apprendistato, di formazione e di disoccupazione involontaria.

In questo modo sarebbe teoricamente possibile, anche per chi ha avuto una carriera lavorativa discontinua come la stragrande maggioranza dei giovani oggi, di ricevere un assegno pensionistico di importo tutto sommato accettabile.

Il bonus previdenziale sarebbe destinato ai giovani entrati nel mondo del lavoro a partire dal 1° gennaio 1996. Su questa misura i sindacati sembrano aver espresso parere favorevole, e anche dal ministero del Tesoro sono già arrivati segnali incoraggianti.

Grazie a questo sistema sarebbe possibile, per ogni anno di lavoro, ottenere 1,5-1,6 anni di versamenti attraverso la collaborazione dello Stato.

Un’alternativa potrebbe essere poi un bonus una tantum, con un importo maggiore, in grado di coprire tutti i periodi contributivi scoperti del contribuente.

Una riforma delle pensioni che tuteli le donne

Oltre ai giovani la nuova riforma delle pensioni si rivolgerà alle donne, e si sta valutando proprio in questa prospettiva di rispolverare Opzione donna, rendendo la misura strutturale.

L’idea sarebbe quella di rendere possibile e gratuito il cumulo di tutti i contributi versati dalle lavoratrici, in qualunque tipo di gestione, con l’obiettivo di arrivare a 35 anni di contributi versati e permettere al suo raggiungimento la possibilità di uscire dal mondo del lavoro.

Anche per le lavoratrici sul tavolo del governo c’è la possibilità di versare un bonus contributivo virtuale che andrebbe a coprire i periodi di maternità così pure tutti i periodi di assenza forzata. Inoltre si starebbe valutando la possibilità di aggiungere un bonus oppure uno sconto sui contributi di dodici mesi per ciascun figlio.

Per Brambilla no ad età di pensionamento troppo basse

Sul tema della riforma delle pensioni cui si appresta a lavorare il governo di Mario Draghi si è espresso anche il presidente del Centro Studi e Itinerari Previdenziali, Alberto Brambilla, che in un articolo pubblicato su L’Economia, inserto de Il Corriere della Sera, ha citato alcuni dei dati del Rapporto preparato dal suo stesso centro.

In particolare Alberto Brambilla si è detto contrario ad un pensionamento ad età troppo “basse”, spiegando: “se vanno in pensione a 63 anni cosa faranno questi pensionati? Se va bene si riposeranno, ma la maggior parte di loro farà lavori in nero, con tanti saluti alla lotta all’evasione fiscale. Ci vorranno ancora molti anni per ridurre le anomalie del passato che ancor oggi appesantiscono il bilancio del sistema pensionistico. Questo è un monito per i fautori delle troppe anticipazioni pensionistiche”.

Il pensionato sembra quindi essere dipinto come un potenziale evasore fiscale (“la maggior parte di loro”), pronto ad intraprendere attività in nero appena raggiunta l’età pensionabile, e il tanto agognato trattamento pensionistico che tuttavia, in molti casi, non garantisce di poter condurre una vita dignitosa.

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