Brexit, quale impatto della sterlina sui fondi?

La sterlina è diventata fin da subito uno dei principali parametri per poter seguire con attenzione gli impatti della Brexit sull’economia e sulla finanza d’oltre Manica. Ma quali saranno gli effetti della Brexit, e della sterlina, nel settore del fund management britannico?

A domandarselo – e a fornirci un’interessante risposta – sono stati gli analisti di State Street Corporation, che qualche giorno fa hanno pubblicato il report The Impact of Brexit on the UK fund management industry, coinvolgendo 100 investitori istituzionali e alternativi, e arrivando all’obiettivo di analizzare le previsioni per il settore del fund management nel Regno Unito, una volta che il Paese sarà uscito dall’Unione Europea, dal 29 marzo 2019.

Ebbene, dal report si evince subito che più di un terzo (34%) degli intervistati ritiene che ci sarà un incremento delle attività di M&A nel proprio settore, con un traino da parte dei fund manager europei, evidentemente desiderosi di acquistare società con sede nel Regno Unito per poter avere una presenza sul mercato locale una volta conclusa la Brexit.

Insomma, per il dossier le società europee vogliono mantenere la propria presenza sul mercato locale, nonostante un complessivo deterioramento delle previsioni per l’industria del fund management del Regno Unito dopo la Brexit.

Più nel dettaglio, quasi un quarto (24%) degli intervistati ritiene che un maggior numero di gestori con sede in Europa cercherà di aprire nuovi uffici nel Regno Unito dopo la Brexit. E che i veicoli maggiormente utilizzati per poter espandere le proprie operazioni in oltre Manica saranno Investment Trust (44%), Unit Trust (21%) e Open Ended Investment Companies (20%).

Dunque conclude State Street Corporation, nonostante i fattori sfavorevoli, e le complessità che la Brexit sta prevedibilmente generando, il Regno Unito viene ritenuto come utile punto di riferimento per il fund management, e come un polo centrale per le attività europee.

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