
Il dollaro statunitense ha mostrato un leggero rimbalzo nella giornata di venerdì, ma resta impostato verso una perdita settimanale. A incidere sono stati i dati deludenti sul mercato del lavoro e l’inflazione contenuta, fattori che hanno rafforzato le attese per un imminente taglio dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve.
Secondo il Dollar Index, che misura l’andamento del biglietto verde rispetto a un paniere di sei principali valute, il dollaro è salito dello 0,2% a quota 97,680 alle 08:25 italiane, pur mantenendosi in direzione di un calo settimanale di circa lo 0,1%.
Fed vicina al taglio dei tassi e rischio di ulteriore indebolimento del dollaro
Le probabilità di una mossa espansiva della Fed nella riunione del 17 settembre sono aumentate dopo la pubblicazione dei dati macroeconomici più recenti.
- L’indice dei prezzi al consumo (CPI) di agosto ha evidenziato un rialzo, il più rapido degli ultimi sette mesi, ma in linea con le attese.
- Le richieste di sussidi di disoccupazione hanno registrato l’aumento più significativo degli ultimi quattro anni, segnale di un mercato del lavoro in fase di raffreddamento.
I futures sui Fed Funds prezzano già un taglio di 25 punti base, e gli analisti ritengono che un allentamento monetario possa portare a ulteriori pressioni sul dollaro. Secondo ING, un costo del denaro più basso potrebbe stimolare la vendita di USD, soprattutto come strumento di copertura sui mercati internazionali.
In attesa dei nuovi dati, particolare attenzione è rivolta all’indagine dell’Università del Michigan sulle aspettative di inflazione, ferme al 4,8% su base annua e al 3,5% nel lungo periodo.
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Euro sostenuto dall’ottimismo BCE, ma pesa l’incertezza politica francese
Sul fronte europeo, l’euro ha guadagnato lo 0,1% contro il dollaro, portandosi a 1,1740. La Banca Centrale Europea ha lasciato invariato il tasso di riferimento al 2% per la seconda riunione consecutiva, confermando un atteggiamento fiducioso sulla tenuta economica dell’Eurozona.
Christine Lagarde ha escluso la necessità immediata di ulteriori tagli, riducendo sotto il 50% la probabilità implicita di nuovi allentamenti. Questo messaggio ha sostenuto l’euro, sebbene restino aperti rischi legati alla forza della moneta unica, alle tensioni geopolitiche e alla fragilità del debito sovrano.
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Sterlina penalizzata dal PIL britannico stagnante
La sterlina ha ceduto lo 0,2% contro il dollaro, scivolando a 1,3545, dopo che i dati sul PIL del Regno Unito hanno mostrato una crescita nulla nel mese di luglio.
Secondo l’ONS (Office for National Statistics), l’economia britannica si è fermata dopo il +0,4% di giugno, interrompendo il trend positivo registrato nella prima metà del 2025, quando il PIL era cresciuto dello 0,7% nel primo trimestre e dello 0,3% nel secondo.
Yen instabile dopo le dimissioni del premier Ishiba
La settimana è stata caratterizzata da forte volatilità per lo yen giapponese. La coppia USD/JPY è salita dello 0,1% a 147,36, dopo movimenti irregolari seguiti alle dimissioni improvvise del Primo Ministro Shigeru Ishiba, che hanno aumentato l’incertezza politica a Tokyo.
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Yuan cinese in leggero calo, cresce la preoccupazione sull’economia
La coppia USD/CNY si è attestata a 7,1210, con lo yuan in modesto arretramento dopo aver toccato i massimi di quasi dieci mesi. Nonostante il sostegno delle politiche economiche di Pechino, i dati deboli su commercio e inflazione hanno alimentato i timori di un ulteriore rallentamento dell’economia cinese.
Dollaro australiano in recupero grazie alle materie prime
Infine, l’AUD/USD è salito a 0,6660, con un guadagno settimanale dell’1,7%. Il dollaro australiano ha beneficiato della solidità dei prezzi delle materie prime, in particolare dei metalli, che hanno sostenuto la domanda di valuta.
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