Lo scorso 15 novembre, 15 Paesi dell’Asia-Pacifico hanno firmato un accordo commerciale promosso dalla Cina, con l’obiettivo di creare un’area di libero scambio tra i 10 Stati membri dell’ASEAN e Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda. La Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP) è stato firmato dopo 8 anni di negoziati piuttosto intensi, e il fatto che sia sfociato proprio nel momento di crisi determinato dal Covid-19 non è, forse, una coincidenza.

Sebbene una buona parte dei Paesi firmatari stia ancora combattendo contro il coronavirus, infatti, una nota diramata da John Plassard, Investment Specialist del Gruppo Mirabaud, sottolinea come in realtà la RCEP potrebbe aiutare ad attutire il colpo economico della pandemia. E anche se ci vorrà ancora del tempo per comprendere i dettagli esatti dell’accordo (si parla di migliaia di pagine per ciascun Paese), è lecito pensare che effettivamente l’intesa potrà favorire il commercio di beni, riducendo gradualmente i dazi su molti prodotti.

In aggiunta a quanto sopra, l’esperto di Mirabaud sottolinea come l’accordo potrà permettere alle aziende di vendere gli stessi beni all’interno del blocco, senza necessità di compilazione di documenti separati per ogni destinazione di esportazione. Questa condizione di maggiore favore permetterà ai produttori asiatici di vendere una maggior quantità dei loro prodotti nella propria macro-regione.

I benefici saranno tuttavia estesi anche all’export, considerato che per le aziende che esportano beni al di fuori dell’area dell’accordo ci saranno incentivi per costruire le loro catene di approvvigionamento attraverso tutti i Paesi membri della RCEP.

Infine, questo accordo pone le basi per una cooperazione più profonda in futuro tra i Paesi membri, soprattutto per quelli tra i quali non esistono accordi commerciali bilaterali.

Insomma, un accordo fondamentale per costruire una partnership in un blocco commerciale che copre un mercato di 2,2 miliardi di persone e una produzione globale di 26,2 mila miliardi di dollari, ovvero il 30% della popolazione mondiale e del PIL globale, e il 32,5% degli investimenti globali.

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