Come abbiamo visto nel nostro focus sul calendario dei market mover di qualche minuto fa, l’attenzione degli analisti sarà concentrato nella prossima riunione del FOMC di marzo, evento sul quale sarebbe opportuno monitorare due aspetti: le decisioni sui tassi e la comunicazione delle nuove informazioni e proiezioni.

Per quanto concerne il primo dei due elementi, dovrebbero esserci ben poche novità: un rialzo dei tassi di 25 punti base è ormai “prezzato” da tempo dal mercato, e gli osservatori ritengono che vi siano molte probabilità che possa essere votato all’unanimità.

Di qui, la necessità di spendere qualche parola in più per quanto riguarda la comunicazione: il FOMC può infatti fornire indicazioni “nuove” proprio mediante il comunicato di fine riunione, e la conferenza stampa di Powell, oltre al contestuale aggiornamento delle proiezioni macroeconomiche.

Ebbene, a seguire quello che sembra essere il percorso più scontato e più commentato dagli analisti, è bene attendersi che il comunicato possa migliorare il giudizio sulle prospettive della crescita economica e del mercato del lavoro, rilevando inoltre segnali di moderata ripresa dell’inflazione rispetto al ritmo troppo lento dello scorso anno.

Le dichiarazioni sulla valutazione dei rischi potrebbero inoltre subire qualche modifica rispetto all’ultimo meeting, soprattutto alla luce dei commenti di Powell: il Presidente della Fed, nelle audizioni in Congresso, ha infatti affermato che i rischi di breve termine restano “circa bilanciati”, ma ora sono davvero “duplici”, a causa del recente miglioramento delle previsioni di crescita.

Non è escluso che il comunicato rilasciato a margine del meeting possa effettivamente adottare tale formulazione, anche se il messaggio che dovrebbe sottintendere è quello di un Comitato pronto a monitorare da vicino gli sviluppi dell’inflazione e agire di conseguenza. A proposito di Powell, difficilmente vi saranno dei cambi di regime dalla nuova presidenza della Fed. Ci si attende pertanto che il nuovo timoniere dell’istituto federale affermi che la Fed continuerà a cercare un equilibrio che sia finalizzato a evitare un surriscaldamento dell’economia e riportare l’inflazione al 2% su base stabile, attuando “ulteriori graduali rialzi” dei tassi.

Per quanto infine concerne le proiezioni macroeconomiche che attireranno buona parte delle attenzioni degli analisti, è intuibile che le stesse possano mostrare uno spostamento verso l’alto della crescita economica sia nel 2018 che nel 2019, e forse anche per il 2020. Il mercato del lavoro dovrebbe confermare un buono stato di salute, con il tasso di disoccupazione al 4% o poco sotto il 4%. Sull’inflazione core ci potrebbe invece essere un aumento di un decimo di punto al 2% per fine 2018 e uno spostamento verso l’alto della tendenza centrale (da 1,7-1,9%).

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