Pensioni: Opzione Donna bocciata dall’Ocse ma potrebbe essere comunque confermata per il 2022

Con l’ormai imminente scadenza di Quota 100 si fa sempre più impellente il problema della riforma delle pensioni. Il governo guidato dall’ex presidente della Bce tuttavia non sembra ancora aver trovato la soluzione giusta per offrire ai lavoratori un’alternativa alla misura sperimentale introdotta dal primo governo Conte.

Tra le opzioni che sono ancora al vaglio dell’esecutivo troviamo Quota 41, Opzione Donna e l’Ape Sociale, ma in tutti i casi si tratterebbe di un pensionamento anticipato riservato solo ad alcune specifiche categorie di lavoratori.

Tra le tre opzioni solo Quota 41, qualora venisse effettivamente estesa a tutti i lavoratori come richiesto dai sindacati, rappresenterebbe una valida alternativa a Quota 100, ma questa prospettiva appare oggi alquanto irrealistica.

Resta da valutare la possibile estensione, anche se comunque limitata, delle restanti due opzioni, vale a dire Opzione Donna e Ape Sociale, su cui tuttavia l’Ocse ha recentemente espresso parere contrario.

Il timore quindi è che, di fronte all’ormai matematica certezza che Quota 100 non verrà prorogata per il 2022, tutti i lavoratori che hanno mancato di poco l’uscita con la misura sperimentale introdotta dal governo Lega-5 Stelle si troveranno ad affrontare il tanto temuto scalone.

Questi lavoratori vicini ai 62 anni di età, che per poco non hanno raggiunto uno dei requisiti per andare in pensione con Quota 100, dovranno infatti attendere il compimento dei 67 anni previsti dalla legge Fornero, cioè dovranno lavorare 5 anni in più di chi ha le stesse mansioni e gli stessi contributi ma ha compiuto i 62 anni con appena qualche giorno di anticipo.

La proposta dell’Inps per il pensionamento anticipato

Ed è proprio questo il nodo da sciogliere, motivo per cui si sono recentemente espressi sia dalla Corte dei Conti che dalla stessa Inps dando pareri e suggerendo soluzioni che, però, non sono ancora state approvate.

La proposta avanzata dall’Inps è tutto sommato piuttosto semplice. Con Quota 100 si poteva andare in pensione con 62 anni di età anagrafica, allora la proposta è quella di offrire un anticipo pensionistico per la durata di 4 anni a partire dai 63 anni di età e fino al compimento dei 67 anni, cioè fino al raggiungimento del requisito anagrafico previsto dalla Legge Fornero.

L’anticipo pensionistico cui ha pensato il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, sarebbe basato sul sistema contributivo, con un importo che verrebbe calcolato sulla base degli anni di contribuzione del lavoratore che si pensiona con questo sistema.

La proposta dei sindacati per il pensionamento anticipato: Quota 41

Se fino a qualche settimana fa la proposta di estendere Quota 41 a tutti avanzata dai sindacati era stata bollata come inaccettabile, ora sembra che uno spiraglio si sia aperto, e sembra che un qualche dialogo nella maggioranza di governo abbia avuto inizio.

Quota 41 dovrebbe sostituire Quota 100, o almeno rappresentare una valida alternativa per tutti i lavoratori che volessero accedere in anticipo al trattamento pensionistico.

I sindacati infatti, per la Riforma delle Pensioni 2022, hanno proposto questa opzione che prevede la possibilità di andare in pensione al raggiungimento di 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica.

Ad essere precisi ci sarebbe anche una piccola distinzione nella maturazione dei requisiti tra lavoratori e lavoratrici, con i primi che avrebbero bisogno di 42 anni e 10 mesi di contribuzione, mentre le donne invece dovrebbero maturare un anno di contributi in meno, quindi 41 e 10 mesi. 

Il punto debole di questa soluzione secondo il governo Draghi? I costi. Quota 41 per tutti potrebbe non andare mai in porto perché l’esecutivo ritiene che non ci sono le risorse necessarie.

Il parere della Corte dei Conti sulla riforma delle pensioni 2022

La proposta dei sindacati di Quota 41 per tutti non è piaciuta nemmeno alla Corte dei Conti, il che non fa che ridurre ulteriormente le già misere possibilità che il governo decidesse di optare per questa soluzione.

La Corte dei Conti però non si è limitata a bocciare questa proposta, ha fatto di più, proponendo un criterio diverso e diametralmente opposto a quello su cui si fonda la proposta dei sindacati.

L’idea della Corte dei Conti sarebbe quella di basare la Riforma delle Pensioni 2022 sull’introduzione di un’alternativa a Quota 100 che tenga conto non tanto dei contributi versati quanto dell’età anagrafica raggiunta dal lavoratore.

Nel suo Rapporto 2021 la Corte dei Conti si è infatti impeganta a presentare una sua proposta per la Riforma delle Pensioni 2022. Propone quindi di introdurre forme di pensionamento flessibili, con un minimo di venti anni di contribuzione regolare, ed una età anagrafica di almeno 64 anni per accedere al trattamento pensionistico.

Questa proposta di riforma del sistema pensionistico raccoglie tra l’altro una buona fetta di consenso nelle forze politiche che sostengono l’attuale maggioranza. In particolare si sono espressi favorevoli dal Movimento 5 Stelle con l’ex ministro del Lavoro Nunzia Catalfo che ha apertamente dichiarato di appoggiare la proposta della Corte dei Conti.

Opzione Donna e Ape Sociale: l’OCSE dice no

Insieme a Quota 100 con la fine del 2021 arrivano a scadenza altre due forme di pensionamento anticipato: Opzione Donna e Ape Sociale. Si tratta anche in questi casi di misure sperimentali che però, a differenza di Quota 100, dovrebbero essere rinnovate per il 2022.

Opzione Donna, lo ricordiamo, è riservata alle lavoratrici, sia dipendenti che autonome, che hanno versato almeno 35 anni di contributi. L’Ape Sociale invece permette ai lavoratori a rischio di accedere ad una forma di pensionamento anticipato.

Le due opzioni verranno, come accennato, prorogate con ogni probabilità anche per il 2022, ma subiranno delle modifiche.

Ape Sociale dovrebbe essere potenziata con un ampliamento della platea dei beneficiari infatti ad accedere a questo anticipo pensionistico potrebbero essere dal 2022 anche altre categorie di lavoratori a rischio. 

Anche Opzione Donna dovrebbe essere confermata per il 2022 e anche in questo caso si parla di modifiche rispetto alla sua versione attuale in scadenza a fine 2021.

Tra l’altro su Opzione Donna il governo deve fare i conti con il parere contrario dell’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) che ha sconsigliato la proroga per la necessità di contenere la spesa pensionistica.

Dall’Ocse su Opzione Donna arrivano quindi indicazioni ben diverse da quella che è la strada che l’esecutivo sembra aver deciso di imboccare che è quella di un rinnovo della misura e di un ampliamento della platea dei beneficiari della stessa. L’Ocse invece suggerisce di stoppare Opzione Donna alla fine del suo triennio sperimentale che termina appunto il 31 dicembre 2021 insieme a Quota 100.

Riforma pensioni 2022: la RITA sarà rinnovata?

Per Opzione Donna il rinnovo sembra essere confermato per il 2022 nonostante il parere contrario dell’OCSE, infatti dal governo arrivano segnali decisamente incoraggianti per chi spera di uscire dal mondo del lavoro in anticipo utilizzando questa opzione.

Se da una parte abbiamo Opzione Donna che sembra essere a un passo dal rinnovo per un altro anno, dall’altra abbiamo un’altra forma di pensionamento anticipato che si chiama RITA, acronimo che sta per Rendita Integrativa Temporanea Anticipata.

Questa forma di pensionamento è accessibile ai lavoratori che hanno maturato i 57 anni di età anagrafica e potrebbe anch’essa essere confermata per l’anno venturo. Per quanto riguarda i requisiti per il pensionamento anticipato con la RITA, nella Legge n. 205 del 27 dicembre 2017 si legge che possono accedervi quei lavoratori che “maturino l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i cinque anni successivi”.

Ma non è tutto, tra i requisiti per andare in pensione con la RITA anche quello di risultare senza occupazione da almeno due anni, il che significa in sostanza che si tratta di un’opzione valida solo per quei lavoratori che negli ultimi 24 mesi sono risultati inoccupati.

A tal proposito inoltre nella Legge 205/2017 si legge che possono accedere alla Rendita Integrativa Temporanea Anticipata solo coloro “che abbiano maturato alla data di presentazione della domanda di accesso (…) un requisito contributivo complessivo di almeno venti anni nei regimi obbligatori di appartenenza”.

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