Nelle prossime ore si decideranno le sorti del governo di Mario Draghi, o meglio sapremo se vi sono le basi per un Draghi bis o se la sua esperienza alla guida del Paese, nel bene o nel male, è terminata oppure no.
Con la fine del governo Draghi, per via del mancato sostegno da parte del Movimento 5 Stelle che ha deciso di non votare la fiducia sul decreto Aiuti, potrebbero saltare varie riforme che l’esecutivo aveva in programma di attuare nei prossimi mesi, e tra queste anche quella del Fisco.
La crisi di governo in cui è sprofondato l’esecutivo guidato dall’ex presidente della Banca Centrale Europea ha messo in standby tutti quei dossier su cui Mario Draghi e la sua squadra stavano lavorando da mesi, a cominciare dalla riforma del fisco, nel contesto della quale si parlava di revisione dell’Iva, riforma dell’Irpef e del Catasto, con il taglio del cuneo fiscale per ridurre il costo del lavoro.
Non solo, perché il governo di Mario Draghi stava anche portando avanti tutta una serie di riforme che rientrano invece nel contesto del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) grazie alle quali l’Italia si sarebbe assicurata l’accesso ai fondi stanziati da Bruxelles.
Diciamo prima di tutto che il contesto in cui tutto ciò sta accadendo è caratterizzato da profonda incertezza non solo per via dell’instabilità politica in Italia, ma anche per via della complessa congiuntura geopolitica che incide pesantemente sulla stabilità economica del nostro Paese e dell’intera Unione Europea.
Un periodo quindi un cui non mancano elementi che inducono alla massima prudenza, e quanto sta succedendo in Italia con la crisi del governo Draghi non fa che aggiungere ulteriori fonti di preoccupazione per il cittadino comune.
Una parte delle preoccupazioni connesse alla possibilità che Mario Draghi decida di scrivere la parola fine sulla sua esperienza a Palazzo Chigi può ritenersi anche fondata, in quanto le varie riforme in programma avrebbero attutito seppur in minima parte gli effetti negativi delle scelte politiche compiute in questi ultimi due anni e mezzo, dalla gestione dell’emergenza Coronavirus a quella della crisi ucraina.
Le ultime iniziative, per quel che riguarda l’azione di governo prima della crisi, sono state presentate in una conferenza stampa convocata dal premier Mario Draghi. In quell’occasione si è parlato del decreto luglio, che avrebbe dovuto contenere alcune misure urgenti che dovevano servire a gettare le basi per altri interventi, strutturali, da inserire nella Legge di Bilancio 2023. Tra questi ricordiamo l’aumento degli stipendi e l’aggiornamento dei contratti collettivi nazionali scaduti. Tutti interventi che rischiano di non vedere la luce proprio per via della crisi di governo.
Quali interventi sono a rischio a causa della crisi di governo?
Per via della crisi di governo che ha travolto Mario Draghi ci sono almeno cinque grandi interventi che rischiano di slittare a data da destinarsi o persino di essere depennati completamente. L’esecutivo guidato dall’ex presidente della Bce infatti stava lavorando ai seguenti progetti:
- Riforma dell’Irpef
- Taglio del cuneo fiscale
- Riforma dell’Iva
- Questione Superbonus 110%
- Decreto luglio.
Riforma dell’Irpef: Per quel che riguarda la riforma dell’Irpef, il percorso era stato avviato con le misure inserite a suo tempo nella Legge di Bilancio 2022, che tra le altre cose ha segnato il passaggio da 5 alle attuali 4 aliquote.
La legge delega sulla riforma fiscale prevedeva in origine di impostare un sistema duale, un modo per tassare i redditi da lavoro in modo progressivo, ma le forze di maggioranza hanno poi concordato su un’impostazione diversa in seguito, cancellando ogni riferimento a questo sistema, prediligendo un intervento limitato alla progressiva revisione della tassazione e del trattamento fiscale dei redditi personali.
Essendo una legge delega l’esecutivo avrà 18 mesi di tempo, dopo l’approvazione, per emanare i decreti attuativi, e saranno proprio questi provvedimenti a dettagliare i confini della misura.
Taglio del cuneo fiscale: in occasione della conferenza stampa con cui il presidente del Consiglio aveva presentato il decreto luglio, è stato reso noto che il governo aveva intenzione di procedere con il progetto del taglio del cuneo fiscale, prevedendo alcuni interventi in tal senso nel prossimo provvedimento emergenziale, e altri nella Legge di Bilancio 2023.
Con il decreto sarebbero state poste la basi per avviare la riforma strutturale che sarebbe arrivata con la manovra economica entro la fine dell’anno. Tuttavia con la crisi di governo innescata dal mancato appoggio da parte di quel che resta del Movimento 5 Stelle, questo progetto rischia di saltare completamente a seconda dell’esito dei confronti che si susseguono proprio in queste ore.
Riforma dell’Iva: anche la riforma dell’Iva è a rischio per via della crisi di governo. L’esecutivo guidato da Mario Draghi intendeva infatti procedere con il taglio delle aliquote Iva sui beni di largo consumo, che vanno dai generi alimentari ai farmaci.
Il viceministro Laura Castelli aveva spiegato che la riforma dell’Iva prevista per il 2023 avrebbe attinto alle risorse derivanti dall’extra gettito, partendo dai beni per l’infanzia per dare sostegno alle famiglie, con la previsione di intervenire anche sulle bollette. Un tema, quello dei rincari sulle bollette di gas e luce, che stando a quanto ha affermato lo stesso presidente di Arera, Stefano Basseghini, continua a destare preoccupazione in considerazione del fatto che si prevedono prezzi alti anche per i prossimi mesi.
Questione Superbonus 110%: per quanto riguarda il Superbonus, a Mario Draghi questa misura non è mai piaciuta granché, ma alla fine nel decreto Aiuti era stata comunque inserita una proroga dell’agevolazione, seppur solo parziale. La proroga infatti riguarda solo le abitazioni autonome, con la possibilità di ottenere la detrazione anche sulle spese sostenute dopo il 30 giugno e fino alla fine dell’anno.
La questione Superbonus però non è chiusa, infatti resta da capire se c’è la possibilità di avere una proroga a tutto tondo oppure no, e in questo caso come risolvere il problema di quelle imprese e quelle famiglie che hanno avviato i lavori e dovranno in qualche modo portarli a termine.
Decreto luglio: Per quel che riguarda infine il decreto Luglio in realtà stando a quanto riferisce Il Corriere della Sera i lavori stanno andando avanti. Si parte da uno stanziamento base di 13 miliardi di euro, e lo stesso Mario Draghi lo ha definito un “decreto corposo”, anche perché di fatto porta avanti un progetto per il quale sono già stati spesi 33 miliardi. In caso di addio dell’ex presidente della Bce però potrebbe bloccarsi tutto.
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