Prezzo petrolio: prima 70 e poi 80 dollari al barile. Quotazione aumenterà o diminuirà?

Investire sull’andamento del prezzo del petrolio sembra convenire molto in questi ultimi tempi. I dati relativi alla quotazione del greggio rappresentano infatti importanti occasioni di trading da cogliere attraverso i futures o i CFD. Chi ha avuto il coraggio di investire sul petrolio a maggio e ha tenuto in portafoglio il suo asset fino ad oggi, adesso si ritrova con un profitto di quasi il 50%. Il successo della strategia long sulla quotazione del petrolio è stato possibile grazie alla recente impennata del prezzo dell’oil. Come si evince andando a guardare ai grafici relativi all’andamento del prezzo del greggio, infatti, il WTI con scadenza febbraio ha raggiunto i 63,4 dollari al barile mentre il Brent ha praticamente sfiorato i 70 dollari al barile. 

Una performance così forte ha riportato le previsioni di Citi al centro del dibattito tra gli investitori. Nelle scorse settimane gli analisti di Citi parlando di stime sul possibile andamento della quotazione del petrolio nel 2018 avevano fatto riferimento ad un targt a 80 dollari al barile. In considerazione di quello che è l’andamento in tempo reale del greggio, si può ipotizzare che l’ipotesi formulata dagli analisti americani non sia campata in aria. Affinchè il prezzo del petrolio possa davvero arrivare a 80 dollari al barile nel 2018 è necessario però un quadro di riferimento ben preciso. La quotazione del petrolio salirà, afferma Citi, se la tensione internazionale dovesse esplodere. In particolare le aree geografiche da tenere in considerazione sono: l’Iran, l’Iraq, la Libia, la Nigeria e il Venezuela. Eventuali tensioni in questi scenari avrebbero come unico effetto una contrazione delle forniture di greggio che viene quantificata in circa 3 milioni di barili al giorno. 

Spostandoci dal piano teorico a quello pratico, è ovvio che se si decide di investire sull’andamento del prezzo del petrolio, è necessario andare a guardare alle possibili evoluzioni della tensione nelle aree citate. In particolare l’imposizione di nuove sanzioni all’Iran potrebbe determinare un rally della quotazione del petrolio. Ma parlare di ritorno alle sanzioni contro Teheran significa chiamare in causa quella che è stata definita come la “variabile Trump”. Il prezzo del petrolio potrebbe essere influenzato dalle imprevedibili mosse a cui la Casa Bianca ha da tempo abituato. 

In attesa che la quotazione del greggio arrivi a 80 dollari al barile (secondo le previsioni di Citi) anche l’analisi dei fattori che hanno portato il petrolio oggi a 70 dollari al barile diventa importante. Tra le varie cause alla base del rally del greggio ci sono le forti prospettive di crescita dell’economia mondiale. Secondo l’EIA (Energy Information Administration) la domanda petrolifera dovrebbe crescere di 1,7 mbg sia nel 2018 che nel 2019. In entrambi i casi l’aumento sarebbe superiore a quello del 2017, quando la domanda era salita di 1,4 mbg (a 98,4 mbg). La conseguenza di questo movimento sarà che il prezzo del petrolio non solo non crollerà, ma anzi si stabilizzerà. Le stime del governo americano vedono infatti il Brent a 60 dollari al barile nel 2018 e a 61 dollari al barile nel 2019.

Logicamente il rialzo del prezzo del greggio ha degli effetti diretti anche sull’azionariato. Tutti i titoli del settore sono in rialzo e tra questi anche quelli delle italiane Saipem, Tenaris e Eni

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