Gli ETF sui mercati emergenti sono tra i più presenti nei portafogli di investimento degli italiani. Solitamente si tratta di fondi che replicano indici che fanno riferimento alle principali economie emergenti come ad esempio la Cina oppure l’India. Molto meno conosciuti sono gli ETF dei mercati emergenti secondari o di frontiera. Si tratta di strumenti che sono più di nicchia anche perchè prima di inserire in portafoglio asset così particolari è necessario avere una certa conoscenza del paese in questione visto, sicuramente, esso non sarà sulle prime copertine dell’informazione finanziaria.
In questa guida focalizzeremo l’attenzione proprio sugli ETF dei emergenti di frontiera. Per chi ci sta leggendo, l’argomento potrebbe sembrare anche noioso ed inutile ma forse chi pensa questo non è a conoscenza di una notizia che possiamo definire clamorosa: gli ETF emergenti di frontiera stanno evidenziando un rendimento molto più consistente rispetto ai fondi a gestione passiva che replicano asset e indici dei paesi emergenti tradizionali. Praticamente non c’è partita tra i due strumenti.
E allora forse è il caso di dedicare un pò di minuti alla lettura di questa giuda. Ne vale davvero la pena e a beneficiarne potrebbero essere proprio gli stessi profitti dei lettori.
Perchè gli ETF emergenti di frontiera vanno meglio di quelli tradizionali
C’è un motivo ben preciso per cui gli ETF dei mercati emergenti di frontiera nell’ultimo decennio hanno performato molto meglio di quelli che replicano gli emergenti tradizionali.
Da anni si parla del possibile superamento della Cina ai danni degli Usa. Pechino da potenza emergente dovrebbe diventare la prima potenza mondiale grazie anche alla sua corsa inarrestabile. La situazione nel 2023 è così sintetizzabile: la Repubblica Popolare non è diventata la prima potenza al mondo nonostante il declino americano sia sotto gli occhi di tutti.
Ora si può stare ore su ore a sindacare sulla sfida Usa-Cina, ma quello che a noi interessano sono le ripercussioni pratiche.
La convinzione che Pechino dovesse superare gli Usa, è stata un freno per tutti quegli investitori che era convintissimi del superamento. Sembra quasi assurdo ma un fattore che avrebbe dovuto portare all’accelerazione, alla fine si è rilevato di decelerazione.
E così non stupisce che un ETF che replica indici dei mercati emergenti di frontiera come ETF Xtrackers S&P Select Frontier Swap abbia stracciato un ETF che invece specula sui mercati emergenti tradizionali come l’ETF Xtrackers Msci Emerging Market Swap. In entrambi i casi si tratta di fondi a gestione passiva emergenti, entrami sono a replica sintetica, entrambi fanno riferimento a Xtrackers ma il rendimento del primo è stato superiore dell’80 per cento rispetto a quello del secondo.
Non stiamo parlando di una differenza del 10 per cento ma di uno scarto dell’80 per cento. E’ evidente che ci sia un abisso a dimostrazione di quello che dicevamo in precedenza.
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ETF mercati emergenti di frontiera ancora con poco appeal
Ci si aspetterebbe che, dinanzi ad un risultato come quello evidenziato in precedenza, non ci siano proprio dubbi nella scelta tra ETF emergenti standard ed ETF emergenti di frontiera. E invece no come mostrato anche da un dato inequivocabile: le masse che i secondi attirano arrivano a stenti a 100 milioni di euro. Attirano poco perchè sono poco conosciuti.
Purtroppo il fatto che le masse raccolte siano limitate (in confronto ai fratelli maggiori, ossia i fondi a gestione passiva sui mercati emergenti tradizionali) impatta anche sui costi che sono pari allo 0,95%. Si tratta di una percentuale molto alta che ovviamente crea la solita situazione da cortocircuito: basse masse determinano l’impossibilità di tagliare i costi che a sua volta impatta sulle masse che non riescono a spiccare il volo.
E così i mercati emergenti di frontiera continuano ad essere di nicchia anche se, come abbiamo visto in precedenza, non se lo meriterebbero affatto.
Quali sono gli ETF emergenti di frontiera?
Tanto per iniziare, anche per evitare che si possono generare fraintendimenti, proviamo a spiegare cosa si intende per emergenti di frontiera. Si tratta di quei paesi che hanno economie e mercati di capitali meno sviluppati dei paesi emergenti tradizionali. Contrariamente a quello che si può pensare se è vero che ogni emergente tradizionale nasce (almeno teoricamente) come emergente di frontiera è anche vero il caso opposto ossia paesi un tempo sviluppati che scendono tra quelli di frontiera.
Un classico esempio in tal senso è l’Argentina. Buenos Aires, dopo tantissimi anni di permanenza tra gli emergenti tradizionali, è scesa tra quelli di frontiera dove, ovviamente, non può che avere un peso preponderante. Ben il 30 per cento del peso dell’ETF Xtrackers S&P Select Frontier Swap che abbiamo citato in precedenza è ricoperto dell’Argentina. A seguire troviamo il Vietnam con il 25 per cento e poi tutta una serie di altri paesi in crescita economica (ma anche con tanti problemi) che sono sparsi tra l’Africa, il Sud America e anche l’Europa (per la precisione si tratta di Panama, Islanda, Nigeria, Uruguay).
A livello settoriale, l’ETF si caratterizza per una preponderante polarizzazione verso la finanza e verso i beni voluttuari. La prima pesa per il 30 per cento mentre con la seconda siamo attorno al 17 per cento. A seguire ci sono poi i titoli industriali e quelli dell’energia. Per quanto riguarda le valute, invece, metà del portafoglio è esposta al dollaro americano e l’altra meta alle valute locali (a preposito, forse potrebbe anche interessare il post: Migliori ETF Local Currency: come funzionano e quali sono).
ETF Xtrackers S&P Select Frontier Swap VS ETF Xtrackers Msci Emerging Market Swap
Del differente andamento dei rendimenti dei due diversi ETF emergenti abbiamo già detto. Adesso, però, possiamo anche aggiungere qualcosa altro.
Xtrackers replica l’indice S&P, mentre MSCI non include l’Argentina nel paniere e quindi a pesare di più sono Vietnam, Marocco, Romania e Islanda. Nel caso di MSCI, inoltre, il peso della finanza è ancora più massiccio con ben il 38 per cento sull’economia complessiva del paniere.
Ora proprio la differenza di calibrazione tra i due indici potrebbe spiegare per ragioni per cui sia stato Xtrackers S&P Select Frontier Swap ETF a mettere a segno una performance da capogiro e non l’altro fondo.
Il raffronto tra indice S&P e indice MSCI su un arco temporale di 10 anni, mette in evidenza nel primo caso un tasso di crescita composto del 6,8 per cento mentre nel secondo caso un tasso di crescita del 3,2 per cento, neppure la metà. Una differenza simile, ridimensiona la portata del fenomeno ETF emergenti di frontiera legando il successo di Xtrackers S&P Select Frontier Swap soprattutto alla composizione dell’indice replicato.
Come investire sugli ETF dei paesi emergenti di frontiera?
Alla luce di quello che abbiamo fin qui detto, che conclusioni si possono trarre? Ce ne sono alcune generali e altre di tipo più pratico. Tra le prime va evidenziato il fatto che gli ETF emergenti di frontiera fanno riferimento a paesi molto volatili e instabili e quindi a pesare è la scelta dell’indice replicato dall’ETF stesso.
Ciò significa che è fondamentale assumere un approccio critico a questo mercato analizzando l’indice sottostante voce per voce e paese per paese. Come abbiamo avuto modo di evidenziare nel precedente paragrafo, scegliere un indice invece di un altro, alla fine può pesare tantissimo.
In secondo luogo si tratta di scegliere il broker giusto per investire. Oramai tutti i migliori broker consentono di fare trading sugli ETF, tuttavia, vista anche la particolarità del prodotto – a tutti gli effetti di nicchia – è meglio optare per piattaforme che sono ben addentrate sul prodotto e che quindi vantano una copertura anche sugli emergenti di frontiera.
Un esempio in tal senso è Freedom24 (qui la recensione). Si tratta dell’unico broker europeo che, sia pure attraverso la sua holding di riferimento, è quotato sul Nasdaq.
La storia di Freedom24 risale al 2008, e nel corso degli anni ha attirato un crescente numero di utenti, superando la cifra di 400.000. Questo successo è dovuto in gran parte alla vasta gamma di servizi offerti dalla piattaforma. Freedom24 è un broker completo, con oltre un milione di strumenti finanziari negoziabili, tra cui azioni, ETF, futures e opzioni. Inoltre, offre un conto deposito con un tasso di interesse al 3% per capitalizzare la liquidità non ancora investita nei mercati.
L’aspetto più notevole di Freedom24 è la sua accessibilità ai mercati globali e agli ETF. La piattaforma offre oltre 1.500 ETF, tra cui quelli quotati sulle borse europee (compresi gli ETF armonizzati) e su quelle americane. Questi ETF provengono da importanti gestori come iShares, Xtrackers, Vanguard e WisdomTree, tra i più noti.
Il broker presenta piano commissionale flessibile, consentendo agli utenti di scegliere tra tre tipi di account: Smart, Fix e Super.
L’account Smart è gratuito e offre la possibilità di effettuare ordini a un costo di $0.02 per ordine più una commissione fissa di $2.00. L’account Fix richiede un abbonamento mensile di 10 €, ma offre commissioni minori, ovvero $0.012 per ordine più una commissione fissa di $1.20. Infine, l’account Super è destinato agli utenti PRO, richiede un abbonamento mensile di 200 €, ma offre commissioni estremamente basse, pari a soli $0.008 per ordine più una commissione fissa di $1.20.
Tuttavia (e questo è un aspetto interessante), Freedom24 non prevede commissioni per i primi 30 giorni all’apertura del conto. Si tratta di una straordinaria opportunità per i clienti alle prime armi.
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Tra gli altri vantaggi di Freedom24 non vanno dimenticati:
Tra gli altri vantaggi di Freedom24 non vanno poi dimenticati:
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- Conto di risparmio con interessi elevati: Il conto D prevede un interesse annuo del 3% in USD e del 2.5% in EUR
- Piani di investimento a lungo termine con tassi più alti di quelle delle banche (evoluzione ancora più remunerativa del conto D).
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Gli investimenti in titoli e altri strumenti finanziari comportano sempre il rischio di perdita del capitale. Le previsioni o le performance passate non sono garanzia di risultati futuri.
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