Price cap sul prezzo del gas: ecco gli effetti sulle azioni utility

Possibile un allungamento del price cap sul gas - BorsaInside

C’è molta volatilità al ribasso sul blocco utility a Piazza Affari. Nella seduta di ieri tutte le quotate del settore hanno chiuso in ribasso con la sola eccezione di Italgas che è quotata sul Ftse Mib. La situazione in atto non è casuale ma è frutto del nuovo rally del prezzo del gas naturale innescato dalla crescente tensione geopolitica e dal blocco del gasdotto nel Mar Baltico.

In questo contesto il TTF, l’indice del gas naturale nel mercato dei Paesi Bassi, è tornato sopra i 55 €/MWh. Questo rialzo è un problema per tutti i paesi che non hanno materie prime ma lo è ancora di più per l’Italia che non solo non ha risorse ma al tempo stesso presenta una quota del procurement pari all’80 per cento che è legato ad aree geografiche molto instabili.

Vero è che negli ultimi mesi c’è stata una forte diversificazione degli approvvigionamenti italiani e che gli stoccaggi e i nuovi LNG si presentano su livelli alti, tuttavia il nostro Paese non sarebbe al sicuro nel caso in cui ci dovesse essere una forte crescita delle quotazioni del gas naturale. E proprio per questo motivo si è tornati a parlare di nuovo di price cap.

Stando a quanto affermato da Il Sole 24 Ore, il ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, dovrebbe chiedere all’Unione Europea di estendere per un anno il meccanismo di price cap UE sul gas che scade tra pochi mesi (dicembre 2023).

Ricordiamo che il meccanismo in vigore prevede un cap a 180€/MWh (riferimento TTF) nel caso in cui ci dovesse essere un superamento della soglia per tre giorni lavorativi e se il livello dei prezzi dovesse risultare di 35 euro superiore al prezzo internazionale sul mercato LNG per almeno 3 giorni.

Si tratta di una soglia comunque molto alta rispetto agli attuali 55 €/MWh.

Cosa è il price cap?

Il price cap altro non è che una strategia di regolamentazione usata nei settori che presentano un monopolio naturale oppure un limitato numero di fornitori di servizi essenziali. La finalità del price cap è quella di controllare e limitare l’incremento dei prezzi di tali servizi, garantendo al contempo che i fornitori abbiano un incentivo adeguato a migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi offerti.

A prescindere dal settore, il price cap si articola in 4 punti:

  • Stabilire un livello base dei prezzi: viene stabilito un livello base dei prezzi che i fornitori possono addebitare per i propri servizi. Questo livello base è solitamente stabilito in modo da riflettere i costi effettivi del servizio e garantire un margine di profitto ragionevole per il fornitore.
  • Limitare l’incremento dei prezzi: viene quindi fissato un tasso massimo di incremento annuo dei prezzi, noto come il “cap” (in inglese, limite). Questo cap rappresenta il massimo aumento consentito per i prezzi dei servizi nel corso di un dato periodo, di solito un anno.
  • Incentivare l’efficienza: i fornitori vengono incoraggiati a diventare più efficienti e a ridurre i costi, poiché qualsiasi risparmio che ottengono dai costi operativi può consentire loro di mantenere prezzi più bassi rispetto al limite massimo stabilito dal price cap. In altre parole, se un fornitore riesce a contenere o ridurre i costi, può mantenere una parte di quei risparmi come margine di profitto aggiuntivo.
  • Monitoraggio e revisione: a questo punto, l’autorità di regolamentazione monitora l’andamento dei prezzi e il rispetto del price cap nel tempo. Periodicamente l’autorità può rivedere e aggiornare il livello base dei prezzi e il tasso di incremento massimo consentito.

Il price cap di cui oggi si torna a parlare con insistenza a causa della nuova crisi internazionale è quello relativo al settore delle utility (fornitura di energia elettrica, gas, acqua) ma, in realtà, lo stesso meccanismo si può anche applicare sui servizi postali, i servizi ferroviari e altre industrie che forniscono servizi di pubblica utilità.

Azioni utility: gli effetti del price cap

Ad interrogarsi sugli effetti sulle utility italiane di un ritocco del price cap sono stati gli analisti di Equita. Secondo la sim è inevitabile che un aumento del costo dell’energia possa avere impatti diversi sulle società del settore energetico a seconda di quella che è la loro esposizione e logicamente delle dinamiche del mercato.

In generale, per la sim milanese, un rialzo dei prezzi dell’energia è positivo per le quotate produttrici di energia esposta alla produzione da fonti rinnovabili come il vento e il solare e per gli operatori con una significativa presenza nell’energia idroelettrica. Tra le prime rientrano Erg e Alerion mentre tra le seconde big come A2A, Enel e Iren.

Tutte queste quotate possono vendere l’energia prodotta a prezzi più elevati, incrementando i loro profitti. Per questi titoli, quindi, ci sarebbero solo benefici dall’aumento dei prezzi dell’energia.

Da non tralasciare il fatto che nel corso del 2022, l’energia ha registrato un rialzo così significativo da spingere il governo a limitare i profitti degli operatori energetici proteggendo i consumatori dall’escalation dei costi energetici. Parallelamente il rialzo dei prezzi ha anche portato a perdite per alcune società del settore a causa di contratti sbilanciati.

Insomma il quadro presenta luci e ombre ma forse proprio per questa ragione può essere l’ideale per chi vuole sfruttare il momento per investire nelle utility di Borsa Italiana.

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